SACRE SACERDOTESSE DEL SESSO

SACRE SACERDOTESSE DEL SESSO

Siamo nella cultura urbana sumera, tra il 4000 e il 3000 a.C. e ci troviamo nelle pianure alluvionali, tra le rive del Tigri e dell’Eufrate, in quella che i Greci chiamano “la terra tra i fiumi”.

Questi due fiumi, erano selvaggi ed imprevedibili, con ricorrenti allagamenti e drastici mutamenti del loro corso, il che significa che le colture erano precarie, passando dalla siccità estrema ad esondazioni improvvise. Questo ci porta a concepire quante risorse, furbizia e stratagemmi abbiano dovuto attivare queste popolazioni per sopravvivere: costruirono irrigazioni per permettere all’agricoltura e all’allevamento di esistere. Oltre a ciò, le città crescevano e si espandevano intorno a complessi di templi monumentali costruiti molto prima lo sviluppo dell’irrigazione.

Per cui, il culto verso la divinità e il credo verso un sostegno più elevato era ben presente e radicato in loro. Tanto è vero che i templi venivano costruiti in terreni sacri, luoghi di potere dove le persone si riunivano per sentire la presenza di energie divine. Lo storico Robert Adams sostiene che la spinta all’urbanizzazione sia derivata proprio da nuovi schemi di pensiero e di organizzazioni sociali che si sono consolidati all’interno dei templi.

Anche rispetto alla sessualità, non c’è che dire, erano molto più avanti rispetto alla nostra attuale cultura. L’esperienza divina dell’estasi sessuale non riguardava solo gli dei e le dee.

All’interno dei templi, le sacre sacerdotesse del sesso potevano iniziare qualsiasi uomo a questa esperienza. Il corpo della sacerdotessa, era uno strumento sacro di iniziazione. Metaforicamente era visto come vaso della dea e dimora della sua potenza. In quei tempi, avere una buona padronanza del tamburo era un’abilità che simboleggiava la capacità di incarnare la potenza creatrice della dea.

Quando dico che erano più avanti di noi mi riferisco al fatto che la nostra moralità occidentale con la sua ipocrisia ci ha fatto quasi cancellare questo tipo di istituzioni, soprattutto perché non riuscendo a comprenderne a pieno il significato tendiamo a giudicare in maniera chiusa e limitante. Le ancelle della dea rendevano solenni i misteri dell’amore carnale, partecipando attivamente nel rito magico che diveniva un momento sacro, iniziatico. Facendo ciò entravano in uno stato di trance in cui mantenevano una connessione psichica nell’unità fisica con la dea e trasmettevano le virtù della dea a coloro ai quali si univano nella pratica del sacramento. Erano cultori del sacro piacere che diveniva per loro un momento di connessione con la parte divina, nell’unione tra maschile e femminile.

Julius Evola, filosofo e autore de “La metafisica del sesso”, afferma che l’atto fisico del rapporto sessuale veniva trasformato attraverso il rito e la cerimonia in un potente evento religioso. Era un rito di comunione con la divinità, non diverso dal sacramento cristiano dell’Eucarestia.

Le sacerdotesse del sesso, chiamate devadasi, hanno praticato il rapporto sessuale sacro in India fino a non molto tempo fa.

“Nella storia antica il corpo nella sua totalità, così come ogni suo aspetto separato, era sacro. Il cibo, le bevande, il respiro e la copulazione erano considerati i canali sacri perché la potenza entrasse nell’uomo.” Maria-Gabriele Wosien (docente di danze sacre, coreografa e scrittrice).

Non solo questa era un’usanza che faceva parte della società ma essere scelte per servire come sacerdotessa del sesso era un onore e le ragazze erano chiamate “vergini sacre”. Questo significava che esse non avevano un marito e la loro sessualità era dedicata al servizio della dea.

La visione e considerazione della donna al tempo era basata sul valore e sul rispetto proprio perché c’era questo fortissimo culto del sacro, di connessione con gli elementi della natura, luoghi di potere e si fluiva con la vita, vivendo sulla propria pelle le esperienze iniziatiche.

 

Quello che oggi abbiamo perso è questa connessione autentica con il sacro: siamo pieni di concetti, di distinzioni separative (es. giusto/sbagliato; questo si fa/questo non si fa) e ci siamo dimenticati di quanto la nostra unicità abbia bisogno di vivere connessa anche alla parte spirituale che ci abita, da sempre.

 

In foto la dea Inanna, regina del cielo e della terra. Cultura sumera. 1750 a.c.

 

Francesca

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